Il lavoro agile, o smart working, è una modalità di lavoro che permette ai lavoratori di operare direttamente da casa o, comunque, al di fuori dell’ufficio attraverso sistemi di telelavoro. Con la pandemia, questo tipo di telelavoro ha permesso alle aziende di continuare ad operare nonostante le restrizioni e i lockdown che hanno costretto tutti gli italiani a restare a casa per evitare il contagio.
Tuttavia, nei mesi sono sorte problematiche che hanno evidenziato gli aspetti negativi di questa modalità di lavoro.
Alcune delle problematiche riguardano i costi sostenuti dai lavoratori subordinati per gli strumenti indispensabili per l’attività lavorativa. Stiamo parlando della connessione ad internet, ma anche dei pc e dei telefoni personali. Trattandosi di strumenti indispensabili per il lavoro, si è discusso a lungo su chi sia responsabile dei costi.
Inoltre, le aziende in genere mettono a disposizione postazioni di lavoro con computer aziendali, telefoni aziendali e linee internet, ma a casa è possibile utilizzare internet, pc e telefoni personali?
Come funziona lo smart working e quali sono le responsabilità delle aziende
Dallo scoppio della pandemia, i lavoratori italiani si sono ritrovati a doversi arrangiare con ciò che avevano per poter continuare a lavorare anche da casa. Tuttavia, c’è stato anche chi si è ritrovato costretto a dover acquistare tutto l’occorrente per poter continuare l’attività lavorativa, come computer, stampanti, scanner e persino scrivanie e sedie.
Le spese sono aumentate anche per quanto riguarda le linee internet e la telefonia, cercando offerte economiche per ottenere una buona connessione per lavorare. Naturalmente anche per quanto riguarda la telefonia ci sono delle offerte vantaggiose; in questo articolo sulle tariffe di Wind di chetariffa.it si può notare che le tariffe per la fibra ottica a casa e la linea fissa di Wind Tre sono molto economiche.
Ma chi deve pagare? L’azienda o il lavoratore dipendente? Questo è uno degli interrogativi che sono sorti durante i lunghi mesi di smart working. Ma vediamo cosa stabilisce la legge.
Nel Diritto del Lavoro il termine smart working non è previsto, ma la legislazione italiana ha previsto il cosiddetto “lavoro agile”, regolato da norme ben precise e con un accordo tra datore di lavoro e dipendente.
Lo smart working è diverso in quanto il dipendente lavora a casa, ma non essendo normato si fa riferimento al lavoro agile. Nei vari decreti che si sono susseguiti in questi mesi, per attivare lo smart working non c’è stato bisogno di un contratto tra le parti, solo la necessità iniziale di una comunicazione al Ministero del Lavoro.
Chi è tenuto a pagare pc, telefono e connessione ad internet?
Prima di capire su chi cade la responsabilità sulle attrezzature e sugli strumenti necessari per lavorare da casa bisogna analizzare come sono andate le cose dall’inizio della pandemia.
Nella prima fase i lavoratori i datori di lavoro non si sono occupati di procurare pc, tablet e telefoni ai dipendenti. Tuttavia, nella seconda fase c’è stato qualche datore di lavoro che si è mobilitato per sostenere queste spese. Ciò è stato possibile perché alcuni dipendenti, Rsa e sindacati hanno iniziato a far presente il costo del mantenimento di questi strumenti.
Tuttavia, bisogna tenere presente che nella maggioranza dei casi il dipendente utilizza i propri dispositivi per collegarsi al computer dell’ufficio. Ciò perché spesso si dà per scontato che ogni persona abbia almeno un cellulare e un pc a casa con cui lavorare.
Solamente in rari casi lo smart working viene gestito nella sua interezza dall’azienda, ovvero viene fornito lo strumento informatico e disposte le modalità di lavoro. Invece, per la maggior parte dei casi, il dipendente lavora con la propria connessione internet, il proprio pc, magari sul tavolo della cucina e con i figli che corrono per casa.